Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 6436 del 13 giugno 1975
ECLI:IT:CASS:1975:6436PEN
Massima
Massima ufficiale
L'elemento psicologico del delitto di frode in commercio consiste nel solo dolo generico, ossia nella coscienza e volontà di consegnare cosa diversa da quella pattuita. I moventi dell'azione criminosa sono, invece, estranei ed irrilevanti ai fini della configurabilità di tale delitto, che sussiste, pertanto, anche se l'agente non si proponga come scopo l'inganno o il danno dell'acquirente. Con la norma di cui all'art. 515 c.p. si tutela principalmente l'interesse dello Stato al leale esercizio del commercio; l'interesse privato del compratore è preso in considerazione, invece, solo in via secondaria ed accessoria. Ne consegue che il reato di frode in commercio è configurabile anche quando la cosa consegnata in luogo di quella pattuita sia equivalente nelle caratteristiche sostanziali o meno costose. Nel contratto che si conclude tra compratore e venditore spetta a quest'ultimo (specie se sfornito del prodotto richiesto) risolvere il dubbio sull'effettiva portata della volontà dell'acquirente e sulla disponibilità ad accettare prodotti diversi da quelli domandati. Se il venditore non formula controfferte e non domanda chiarimenti, deve intendersi che egli accetta la richiesta nei termini letterali in cui questa è formulata e il contratto deve essere eseguito in conformità.
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