La partecipazione ad un'associazione criminosa di stampo mafioso richiede la sussistenza di un vincolo stabile e continuativo tra il soggetto e l'organizzazione, nonché il suo apporto causale e consapevole al perseguimento degli scopi illeciti della consorteria, anche attraverso condotte di favoreggiamento e agevolazione della latitanza di esponenti di spicco del sodalizio. Il ruolo di custode delle armi del clan, la messa a disposizione di luoghi di ritrovo per gli incontri tra i membri dell'associazione, nonché il sistematico aiuto prestato a latitanti appartenenti all'organizzazione criminale, costituiscono gravi indizi di partecipazione all'associazione mafiosa, a prescindere dalla qualificazione giuridica iniziale attribuita ai fatti. L'appartenenza all'associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti si desume dalla prova di un contributo causale e consapevole del soggetto alle attività illecite del sodalizio, anche attraverso il coinvolgimento diretto nella gestione dei proventi e dei canali di approvvigionamento e smercio della droga, nonché dalla rilevanza complessiva del traffico, a prescindere dai singoli quantitativi di volta in volta trattati. Il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nella valutazione degli elementi probatori, che deve essere adeguatamente motivata e non può essere sindacata in sede di legittimità se non in caso di manifesta illogicità o contraddittorietà.