Il giudice di prevenzione, nel valutare la pericolosità sociale di un soggetto, non deve accertare se questi continua a far parte di un'organizzazione criminale, ma formulare un giudizio prognostico sulla possibilità che egli commetta in futuro fatti contrari alla civile convivenza, sulla base degli elementi di fatto emersi, in particolare di una pregressa condotta contraria alle regole sociali, anche se accertata con sentenza penale definitiva. Tale giudizio prognostico deve essere ancorato a circostanze concrete e attuali, senza ricorrere a presunzioni, ma può essere influenzato dalla gravità e dalla durata della condotta criminosa pregressa, specie se caratterizzata da un rapporto di stabile contiguità con un'associazione di tipo mafioso, idoneo a proiettare la pericolosità sociale nel periodo successivo alla decisione. Nell'ambito del procedimento di prevenzione, il giudice non è vincolato all'assunzione di tutte le prove richieste dalla difesa, potendo utilizzare anche le risultanze di altri procedimenti, senza che ciò integri una violazione del diritto di difesa. Inoltre, la confisca di prevenzione può avere natura pertinenziale, non limitata ai beni direttamente derivanti da attività illecite, ma estesa a tutto il patrimonio dell'indiziato, quando sia dimostrato il nesso di derivazione tra tale patrimonio e l'attività pericolosa svolta, anche in assenza di una precisa quantificazione della componente illecita dei profitti.