Il falso in atto pubblico, di cui all'art. 476 c.p., può essere contestato nella sua forma aggravata dalla natura fidefacente dell'atto solo se tale circostanza è stata espressamente indicata nel capo di imputazione, attraverso il richiamo al comma 2 della norma incriminatrice o con l'utilizzo di sinonimi e formule equivalenti. In mancanza di una contestazione specifica della natura fidefacente dell'atto, il giudice può ritenere integrata soltanto la fattispecie base di falso in atto pubblico, di cui al comma 1 dell'art. 476 c.p. Inoltre, in presenza di una causa di estinzione del reato, il proscioglimento nel merito ai sensi dell'art. 129, comma 2, c.p.p. è possibile solo quando le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, in modo tale che la valutazione del giudice si configuri come una mera "constatazione" e non come un "apprezzamento" che richieda ulteriori accertamenti.