Cassazione penale Sez. I sentenza n. 45041 del 30 ottobre 2014

ECLI:IT:CASS:2014:45041PEN

Massima

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Il reato associativo di tipo mafioso e i reati fine commessi dal singolo associato, pur rientrando nell'ambito delle attività del sodalizio criminoso e finalizzati al suo rafforzamento, non sono necessariamente in rapporto di continuazione quando il reato fine, pur essendo realizzato con metodo mafioso, sia legato a circostanze contingenti ed occasionali, non programmabili ab origine, e persegua interessi personali e soggettivi dell'agente, anziché gli scopi comuni del gruppo criminale. In tali ipotesi, l'autonomia della condotta delittuosa rispetto alla dinamica associativa esclude il riconoscimento della continuazione tra i due reati, in quanto il reato fine non può considerarsi espressione di un medesimo disegno criminoso unitario, essendo legato a fattori occasionali e non rientrante nella rappresentazione iniziale dell'associato al momento del suo ingresso nel sodalizio.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIEFFI Severo - Presidente

Dott. DI TOMASSI Mariastefania - Consigliere

Dott. MAZZEI Antonell - rel. Consigliere

Dott. LOCATELLI Giuseppe - Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza in data 11 ottobre 2013 della Corte di assise di appello di Caltanissetta;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dr. ((omissis));

lette le richieste del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dr. ((omissis)), il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del…

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