Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così espresso: La distinzione tra attività di ristorazione e attività di somministrazione di prodotti di gastronomia, ai sensi dell'art. 5 della legge n. 287/1991, si basa sull'accertamento che la cottura o la manipolazione dei cibi sia effettuata, o meno, all'interno dei locali dedicati all'attività dell'esercizio pubblico, attraverso la predisposizione di idonea attrezzatura. Solo ove ricorra la prima alternativa si può parlare di attività di ristorazione, mentre nel caso in cui le pietanze siano predisposte in locali diversi o la manipolazione in loco sia costituita da operazioni di semplice composizione dei piatti con materie prime che non debbono subire trasformazioni o per le quali sia sufficiente il semplice riscaldamento prima del servizio al cliente, deve ritenersi integrata l'ipotesi della somministrazione di prodotti di gastronomia, consentita ai titolari di autorizzazione di tipo B. Pertanto, la proposta di un concorrente che preveda la preparazione delle pietanze in un laboratorio esterno e il solo riscaldamento e composizione in loco non può essere inquadrata come attività di ristorazione, ma rientra nell'ambito della somministrazione di prodotti di gastronomia, che costituisce una fattispecie distinta e regolata diversamente rispetto alla ristorazione in senso proprio. La commissione giudicatrice, nel valutare l'offerta tecnica, deve pertanto verificare la corrispondenza della proposta del concorrente con i requisiti richiesti dal capitolato di gara, senza operare una qualificazione giuridica errata della stessa. Inoltre, la commissione non può fondare l'esclusione di un'offerta su affermazioni circa la difficoltà di collocazione delle attrezzature previste, senza adeguatamente motivare tale rilievo o esperire un'attività istruttoria integrativa per acquisire i necessari chiarimenti.