Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 22051 del 20 maggio 2019

ECLI:IT:CASS:2019:22051PEN

Massima

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Il luogo di detenzione, anche se non accessibile a chiunque, è da considerarsi "luogo aperto al pubblico" ai fini della configurabilità del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, in quanto si trova nella piena disponibilità dell'amministrazione penitenziaria, che ne può disporre per le esigenze dell'istituto. Pertanto, le espressioni offensive e minacciose rivolte dal detenuto all'agente di polizia penitenziaria, anche se pronunciate all'interno della cella, integrano il reato di oltraggio, in quanto potenzialmente percepibili da altri detenuti e idonee a compromettere il prestigio e l'autorità del pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni. Il fatto che l'attività del pubblico ufficiale non si sia esaurita con il mero diniego delle richieste del detenuto, ma sia proseguita con le doverose attività di vigilanza e controllo, rende la condotta del detenuto pienamente funzionale a ostacolare l'attività in corso e a coartare la volontà del pubblico ufficiale, configurando così il dolo specifico richiesto per il reato di oltraggio.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo - Presidente

Dott. MOGINI Stefano - Consigliere

Dott. VILLONI Orlando - Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetan - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/06/2018 della CORTE APPELLO di FIRENZE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. ANGELILLIS CIRO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 5 giugno 2018 la Corte di appello di Firenze ha …

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