Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 25245 del 3 luglio 2002

ECLI:IT:CASS:2002:25245PEN

Massima

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L'abolitio criminis, disciplinata dall'art. 2, comma 2, c.p., comporta la cessazione di ogni potestà punitiva dello Stato per il fatto che, in base a una legge posteriore, non costituisce più reato, imponendo al giudice dell'esecuzione il dovere di revocare la sentenza di condanna già passata in giudicato, senza possibilità di riqualificazione della condotta, rimodulazione della pena o modifica dell'originaria imputazione, in quanto il fatto non è più previsto dalla legge come reato.

Sentenza completa

FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Spoleto, quale giudice dell'esecuzione, con ordinanza 11.2.2000, disattendeva la richiesta di revoca, per abolitio criminis, della sentenza di condanna per il delitto di oltraggio a p.u. emessa in data 20.2.1998 dal Pretore di Spoleto nei confronti del B., sostenendo che l'art. 18 della legge n. 205/99 non contempla l'ipotesi di abrogazione di cui all'art. 2/2° c.p., ma piuttosto un caso di successione di norme penali ex art. 2/3° c.p. e che, quindi, il fatto rimane penalmente rilevante, perché sussumibile nella fattispecie delineata dagli art. 594 e 61 n. 10 c.p.
Ha proposto ricorso per cassazione il condannato, senza enunciare i motivi.
Il ricorso, pur formalmente inammissibile, deve ritenersi idoneo a sollecitare la cognizione di questa Corte, perché, come si dirà non può non prendersi atto dell'intervenuta abolitio criminis e quindi del venire meno di ogni potesti punitiva da parte dello Stato, con l'effetto…

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