Il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che dispone la revoca della sentenza di non luogo a procedere non è impugnabile con ricorso per cassazione da parte dell'imputato. Tale conclusione si fonda sul rilievo che l'articolo 435 c.p.p. prevede che il procedimento di revoca si svolga "con le forme" di cui all'articolo 127 c.p.p., senza tuttavia prevedere l'impugnabilità di tale provvedimento, a differenza di quanto stabilito dall'articolo 437 c.p.p. per il diverso provvedimento che dichiara inammissibile o rigetta l'istanza di revoca. Pertanto, in linea con l'orientamento giurisprudenziale consolidato, il provvedimento che dispone la revoca della sentenza di non luogo a procedere non è ricorribile in cassazione, in quanto determina l'avvio di un nuovo procedimento nel quale l'imputato potrà esperire tutti i rimedi, anche concernenti incidentalmente il provvedimento che ha disposto la riapertura delle indagini. Tale differenziazione di posizioni tra imputato e parte pubblica è giustificata dalla ratio sottesa alla mancata previsione legislativa del ricorso immediato contro il provvedimento di riapertura delle indagini, volta ad assicurare la ragionevole durata del processo e a evitare la proliferazione di impugnazioni incidentali, salvo il caso in cui il provvedimento incida sulla libertà personale. Pertanto, la mancata previsione della facoltà di impugnazione dell'ordinanza di revoca da parte dell'imputato non contrasta con i principi costituzionali di impugnabilità delle sentenze e dei provvedimenti de libertate, né con i principi di uguaglianza e inviolabilità del diritto di difesa.