Il pubblico ufficiale che, nell'esercizio delle sue funzioni, redige una relazione di servizio attestando falsamente l'esistenza di una condotta di attiva resistenza da parte di soggetti sottoposti al suo intervento, al fine di occultare i reati di ingiuria e lesioni commessi nei loro confronti, commette il delitto di falso ideologico in atto pubblico. Ciò in quanto tale falsa attestazione è idonea a trarre in inganno i destinatari della relazione circa l'effettivo andamento dell'intervento e sulla necessità dell'uso della forza, con evidente ricaduta sulla natura e il tipo dei conseguenti atti adottati nei confronti dei soggetti accusati di tale comportamento, a prescindere dall'esito assolutorio dei reati di ingiuria e lesioni. La contestazione del falso ideologico non deve necessariamente coincidere con i fatti oggetto degli altri capi di imputazione, essendo sufficiente che l'intero processo abbia avuto per oggetto la condotta contestata, senza che ciò determini un mutamento del fatto tale da pregiudicare i diritti della difesa. Inoltre, il mero "divincolarsi" o "gesticolare" di soggetti in stato di alterazione, pur potendo integrare una forma di resistenza all'intervento del pubblico ufficiale, non equivale necessariamente a una "resistenza attiva" tale da giustificare l'utilizzo di tale qualificazione nella relazione di servizio, laddove le emergenze processuali dimostrino un comportamento meno grave.