Il reato di bancarotta fraudolenta impropria per operazioni dolose, di cui all'art. 223, comma 2, n. 2, della legge fallimentare, si configura quando l'amministratore, pur senza la rappresentazione e la volontà dell'evento fallimentare, abbia consapevolmente posto in essere operazioni contrarie agli interessi della società, delle quali sia prevedibile l'astratta idoneità a cagionare il dissesto. A tal fine, non è necessario che l'operazione dolosa sia l'unica ed inevitabile causa del fallimento, essendo sufficiente che essa abbia contribuito in modo causalmente rilevante all'aggravamento di una situazione di crisi preesistente. Inoltre, il reato sussiste anche quando l'operazione dolosa, pur non comportando una diminuzione algebrica dell'attivo patrimoniale, determini comunque un depauperamento del patrimonio sociale non giustificabile in termini di interesse per l'impresa. Pertanto, il giudice è tenuto a verificare rigorosamente la conformità dell'operazione contestata agli interessi economici della società e la sua incidenza sulla possibilità per quest'ultima di proseguire l'attività, senza limitarsi a valutare le finalità soggettive perseguite dall'agente.