Cassazione penale Sez. II sentenza n. 41891 del 10 novembre 2008

ECLI:IT:CASS:2008:41891PEN

Massima

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Il delitto di estorsione si differenzia dal reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con minaccia alla persona non per la materialità del fatto, che può essere identica, ma per l'elemento intenzionale: nell'estorsione l'agente mira a conseguire un ingiusto profitto, con la coscienza che quanto pretende non gli è dovuto; nell'esercizio arbitrario, invece, egli agisce al fine di esercitare un suo preteso diritto, con la convinzione che quanto vuole gli compete. Tuttavia, l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni si configura solo quando si tratti di poteri che possano essere esercitati dal giudice, giacché in caso contrario non potrà ravvisarsi il delitto di cui all'art. 393 c.p., ma una diversa ipotesi criminosa. Pertanto, la mancanza di un rapporto creditorio tra l'imputato e la parte offesa esclude la possibilità di qualificare il fatto come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, dovendosi invece configurare il più grave reato di estorsione, atteso che l'agente era consapevole dell'assenza di qualsiasi pretesa azionabile nei confronti della persona offesa.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Giuseppe M. - Presidente

Dott. ZAPPIA Pietro - Consigliere

Dott. CURZIO Pietro - Consigliere

Dott. MACCHIA Alberto - Consigliere

Dott. DAVIGO Piercamillo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

1) SC. FI. , N. IL (OMESSO);

avverso SENTENZA del 09/12/2003 CORTE APPELLO di SALERNO;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. MACCHIA ALBERTO;

Udito il Procuratore Generale in persona della Dr.ssa DE SANDRO ((omissis)), che ha concluso per il rigetto del ricorso.

OSSERVA

Con sentenza del 9 dicembre 2003, la Corte di appello d…

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