Cassazione penale Sez. II sentenza n. 30276 del 5 settembre 2002

ECLI:IT:CASS:2002:30276PEN

Massima

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Il diritto di critica giornalistica, pur ampio, non è illimitato e incontra il limite del rispetto della reputazione altrui. Pertanto, l'articolo di giornale che, pur presentandosi come esercizio del diritto di critica, contenga espressioni lesive dell'onore e della reputazione di una persona, integra il reato di diffamazione a mezzo stampa, qualora non ricorrano le esimenti del diritto di cronaca o del diritto di critica. In particolare, l'attribuzione di fatti determinati, anche se espressa con l'uso di aggettivi o attraverso accostamenti atti a connotare negativamente la condotta altrui, costituisce la circostanza aggravante del fatto determinato, in quanto idonea a ledere in modo più grave la reputazione della persona offesa. Ai fini della configurabilità del dolo del reato di diffamazione, è sufficiente la consapevolezza e volontà di attribuire all'offeso un comportamento disonorevole, senza che sia necessaria la specifica intenzione di lederne la reputazione. Pertanto, il giudice di merito, nel valutare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di diffamazione a mezzo stampa, deve esaminare attentamente il contenuto complessivo dell'articolo, verificando se le espressioni utilizzate, anche se formalmente presentate come esercizio del diritto di critica, integrino in concreto gli estremi della diffamazione, con particolare riguardo alla sussistenza del dolo e della circostanza aggravante del fatto determinato.

Sentenza completa

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La corte di appello di Roma, decidendo in seguito ad annullamento con rinvio di sentenza della stessa corte in data 14.12.1999, pronunziata da questa corte suprema in data 3.10.2000, confermava la sentenza del tribunale del 6.12.1994 che aveva affermato la responsabilità di M. P. per il reato ex art. 595 c.p., 13 e 21 legge n. 47/1948 -in quanto aveva pubblicato sul quotidiano "La Repubblica" del 21.10.1993 un articolo intitolato "i giudici, gli eroi e i felloni", il cui contenuto era ritenuto lesivo dell'onore e della reputazione, anche con l'attribuzione di fatti determinanti, del dott. ((omissis)) quale presidente titolare della prima sezione penale della corte di Cassazione nel periodo fra il 1985 e il 1992- nonché di ((omissis)) per il reato di cui agli artt. 57 c.p., 13 e 21 legge 47/1948, perché, quale direttore dello stesso quotidiano, aveva omesso il controllo sulla pubblicazione dell'articolo del P.
La cort…

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