Il delitto di riciclaggio si configura quando l'agente, consapevole della provenienza delittuosa del denaro o di altre utilità, pone in essere operazioni volte a sostituirle, trasferirle o impiegarle in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolarne l'identificazione della loro origine illecita. Tale condotta è punibile anche quando il riciclatore non abbia partecipato alla commissione del reato presupposto, essendo sufficiente la sua consapevolezza circa la provenienza delittuosa del denaro o delle altre utilità. Ai fini della configurabilità del reato, non è necessario che il riciclatore abbia tratto un vantaggio economico personale dalle operazioni compiute, essendo invece rilevante la sua consapevolezza circa la finalità di occultamento o di dissimulazione della provenienza illecita delle risorse finanziarie. Inoltre, la sussistenza del delitto di riciclaggio non è esclusa dalla circostanza che le operazioni bancarie contestate fossero in linea con una prassi consentita dall'istituto di credito, atteso che l'agente deve comunque essere consapevole della provenienza delittuosa del denaro o delle altre utilità oggetto delle operazioni. Infine, la determinazione della pena per il reato di riciclaggio rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale deve valutare tutti i criteri di cui all'art. 133 c.p., senza che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche possa essere censurato in sede di legittimità, salvo che non risulti frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico.