Il pericolo di reiterazione del reato, quale presupposto per l'applicazione di misure cautelari personali, non può essere escluso sulla base della sola valutazione astratta della gravità del titolo di reato, ma richiede un'analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale in cui essa si è svolta. Anche il decorso di un certo lasso di tempo dalla commissione del fatto non è di per sé sufficiente a escludere l'attualità del pericolo, dovendo il giudice effettuare una prognosi sulla possibilità di condotte reiterative, alla luce di tutti gli elementi rilevanti emersi dalle indagini. In particolare, assume rilievo la valutazione della gravità delle condotte contestate, della pervicacia dimostrata dagli indagati nel piegare la propria professionalità ad interessi illeciti, nonché del loro inserimento in contesti criminali organizzati e del ruolo da essi rivestito all'interno di tali contesti. Solo all'esito di una complessiva e approfondita analisi di tali elementi, il giudice può correttamente valutare la sussistenza o meno delle esigenze cautelari e determinare la misura più adeguata da applicare.