Il presidente di seggio elettorale che, al fine di favorire determinati candidati legati a un sodalizio criminoso, attesta e certifica falsamente la conoscenza personale di elettori sprovvisti di documenti di identità, facendoli partecipare al voto, commette il reato di falso ideologico in atto pubblico, in concorso con altri membri del seggio, in violazione delle norme che disciplinano le operazioni elettorali. Tale condotta, caratterizzata dal dolo specifico di favorire il clan camorristico, integra altresì il reato di associazione di tipo mafioso, in quanto finalizzata a condizionare l'esito delle elezioni a vantaggio dei candidati sostenuti dal sodalizio criminale. La speciale disciplina prevista per i reati elettorali non esclude l'applicazione delle norme sul falso e sull'abuso d'ufficio, atteso che la condotta del presidente di seggio, pur rientrando nell'ambito delle attività elettorali, viola doveri e obblighi funzionali propri della sua carica, con finalità illecite di condizionamento del voto. La gravità della condotta, caratterizzata dall'abuso della funzione pubblica e dal collegamento con la criminalità organizzata, giustifica l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, in assenza di elementi che possano escludere il pericolo di reiterazione del reato.