Cassazione penale Sez. II sentenza n. 12879 del 20 marzo 2013

ECLI:IT:CASS:2013:12879PEN

Massima

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Il delitto di estorsione si configura quando l'agente, mediante minaccia o violenza, si fa consegnare indebitamente una somma di denaro o altra utilità, senza che sia necessario l'effettivo adempimento dell'impegno assunto. La mancata ricognizione della persona offesa non inficia la valutazione di prova della sua identificazione certa, così come l'altezza dell'autore del fatto non costituisce elemento essenziale per la configurazione del reato. La derubricazione del fatto in truffa è preclusa qualora non siano state specificate le minacce utilizzate, essendo il comportamento antigiuridico valutabile come meramente truffaldino. L'inammissibilità del ricorso per cassazione, fondata sull'identica ripetizione di questioni già dedotte in appello senza una effettiva ed autonoma critica della motivazione, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde - Presidente

Dott. MACCHIA A. - rel. Consigliere

Dott. IASILLO Adriano - Consigliere

Dott. BELTRANI Sergio - Consigliere

Dott. CARRELLI P.d.M. Roberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 598/2010 CORTE APPELLO di BARI, del 11/06/2012;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/03/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D'Ambrosio Vito, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

OSSERVA

Con sentenza dell'11 giugno 2012, la Corte di appello di Bari ha…

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