Cassazione penale Sez. V sentenza n. 25491 del 3 luglio 2002

ECLI:IT:CASS:2002:25491PEN

Massima

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Il giudizio di pericolosità sociale ai fini dell'applicazione di misure di prevenzione personale nei confronti di un soggetto deve fondarsi su un contesto indiziario univoco e obiettivamente accertato, che escluda valutazioni meramente soggettive da parte dell'autorità proponente. Gli indizi di appartenenza a un'associazione mafiosa possono essere desunti da comportamenti indicativi di un qualsiasi collegamento stabile con l'associazione criminale, ma non sono sufficienti isolati fatti penalmente illeciti, in quanto inidonei a dimostrare la necessaria abituale condotta di vita nella illegalità. Tuttavia, qualora il giudice accerti la lecita provenienza dei beni intestati al soggetto, tale accertamento può smentire l'assunto di un suo ruolo di prestanome di un mafioso, venendo meno il presupposto per l'applicazione della misura di prevenzione personale fondata sull'appartenenza all'associazione criminale.

Sentenza completa

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il decreto impugnato la Corte d'appello di Palermo ha confermato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per quattro anni e cauzione di un milione di lire applicata a M. P., mentre ha revocato la misura patrimoniale della confisca di alcuni beni a lui riconducibili.
Ha ritenuto la corte palermitana che il concetto di appartenenza ad associazione mafiosa cui si riferisce la legge n. 575 del 1965 è più ampio di quello di partecipazione alle stesse associazioni richiesto dall'art. 416 bis c.p. Sicché la misura di prevenzione personale in discussione trova idoneo sostegno probatorio nelle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, che hanno indicato M. P. come prestanome del suocero G. A., noto mafioso, di cui il proposto era socio occulto in un'impresa di movimento terra.
Hanno escluso, però, i giudici del merito che i beni di proprietà di M. P. fossero sta…

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