Il provvedimento amministrativo di diniego del rinnovo della licenza di porto d'armi per uso venatorio può essere legittimamente adottato quando l'amministrazione, nell'esercizio del proprio potere discrezionale, accerti sulla base di elementi oggettivi, anche desunti da precedenti penali, l'inaffidabilità del soggetto richiedente e il potenziale pericolo, anche minimo, che la detenzione di armi da parte dello stesso possa comportare per la collettività. L'accertamento di condotte contrarie ai precetti che governano il rilascio del porto d'armi, anche se non direttamente connesse all'uso delle armi, può infatti costituire sintomo oggettivo della mancanza delle condizioni soggettive di affidabilità necessarie per il rinnovo della licenza, senza che sia necessario che il reato riguardi fatti relativi al porto d'armi. Il giudizio prognostico sulla pericolosità del richiedente, rimesso alla valutazione tecnico-discrezionale dell'amministrazione, non richiede la sussistenza di un elevato grado di disvalore sociale dei fatti pregressi, essendo sufficiente che essi evidenzino un comportamento complessivo contrario ai precetti che governano il rilascio del porto d'armi e idoneo a palesare un potenziale, anche minimo, pericolo per la collettività nella detenzione delle armi.