Il giudice di legittimità, nell'esaminare il ricorso avverso la sentenza di appello che aveva confermato la condanna dell'imputato per il reato di falsa testimonianza, rileva come la Corte territoriale non abbia adeguatamente esaminato e confutato le specifiche censure difensive formulate in sede di impugnazione, relative alla valutazione della prova documentale e alla necessità di disporre una perizia grafica. La mancanza di una motivazione congrua e puntuale su tali aspetti, a fronte di una disamina particolareggiata svolta dal primo giudice, determina l'annullamento della sentenza di appello agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, affinché proceda a un nuovo esame delle questioni sollevate dalla difesa, colmando le lacune motivazionali riscontrate. Ciò in quanto il giudice di legittimità, pur rilevando la prescrizione del reato, ritiene che non sussistano gli elementi per riconoscere la prova evidente dell'innocenza dell'imputato o l'incontrovertibile insussistenza del fatto, essendo rinvenibili nelle pronunce di condanna di primo e secondo grado una serie di dati a carico che impediscono l'applicazione della disposizione di cui all'art. 129, comma 2, c.p.p.