Il potere di pianificazione dell'attività estrattiva, pur comportando inevitabili differenziazioni, deve essere esercitato in modo ragionevole e proporzionato, al fine di garantire il soddisfacimento dei fabbisogni provinciali di materiale di cava in modo congruo ed equilibrato, preservando le materie prime non rinnovabili e prevedendo procedure di verifica periodica delle attività e dei fabbisogni. La subordinazione dell'apertura di nuovi siti estrattivi al raggiungimento di una determinata percentuale di escavazione nei siti già esistenti, unitamente alla previsione di una verifica triennale dello stato di attuazione del piano e di una conseguente rimodulazione dell'attività estrattiva, rappresenta una scelta discrezionale non irragionevole, volta a contemperare le esigenze produttive con quelle di tutela del territorio e dell'ambiente. La riduzione del perimetro di un nuovo ambito estrattivo, motivata dall'esigenza di non interferire con i ricettori sensibili e di favorire il successivo recupero a fini agricoli delle aree, costituisce una valutazione discrezionale non censurabile, in assenza di palese irragionevolezza o illogicità. Le differenziazioni introdotte dalla pianificazione estrattiva non configurano di per sé una disparità di trattamento, ove corrispondano alla logica di fondo che sta alla base delle scelte del pianificatore.