Il documento di identità, anche se ottenuto mediante alterazione di un documento originariamente valido, costituisce reato di falso documentale ai sensi degli artt. 476 e 482 c.p. quando viene utilizzato come originale, a prescindere dalla modalità di realizzazione del falso, essendo sufficiente l'uso del documento contraffatto per integrare la fattispecie criminosa. L'aggravante del danno di rilevante gravità prevista dall'art. 61 n. 7 c.p. per i reati di truffa sussiste quando il valore economico del contratto al momento della stipulazione supera la soglia di 12.000 euro, a prescindere dall'entità del danno risarcibile che può dipendere da altri fattori. Il giudice di appello ha l'obbligo di esaminare specificamente le doglianze prospettate dalla difesa, a meno che esse non siano manifestamente infondate o generiche, mentre può esimersi da tale onere motivazionale quando le questioni sollevate non rivestano un minimo di fondatezza. Il diniego delle attenuanti generiche rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato.