Il denaro pubblico erogato ai gruppi consiliari regionali è vincolato al perseguimento delle finalità istituzionali del gruppo e non può essere utilizzato per spese estranee o avulse dalle attività e funzioni del gruppo stesso. I singoli consiglieri regionali, in quanto pubblici ufficiali, hanno l'onere di documentare e giustificare in modo rigoroso e analitico l'impiego di tali fondi, dimostrando il nesso di stretta pertinenza e funzionalità tra le spese sostenute e le finalità istituzionali del gruppo consiliare. Le spese di rappresentanza e di ristorazione sono ammissibili solo se strettamente correlate agli scopi istituzionali del gruppo, rispondenti a criteri di ufficialità, eccezionalità, ragionevolezza e sobrietà, e destinate a promuovere l'immagine e l'attività del gruppo consiliare, non già a soddisfare esigenze personali o di propaganda politica del singolo consigliere. La prova della condotta appropriativa non può fondarsi sulla sola mancanza di giustificazione documentale, ma richiede un accertamento complessivo della finalità della spesa, anche attraverso elementi indiziari quali la frequenza, sistematicità, modalità e contesto delle spese, che ne rivelino l'estraneità alle finalità istituzionali del gruppo. Il giudice deve motivare in modo rigoroso e confutare le ragioni della pronuncia assolutoria di primo grado per poter riformare una sentenza di assoluzione con una pronuncia di condanna.