Il reato di deturpamento o imbrattamento di cose (art. 639 c.p.) si configura quando l'agente, con volontà diretta a tale scopo, rende sudicia o deteriora la cosa altrui, arrecando un pregiudizio alla situazione patrimoniale del soggetto passivo. Tale fattispecie si distingue dalla contravvenzione di getto pericoloso di cose (art. 674 c.p.), che invece tutela la pubblica incolumità senza rilevare i motivi e le finalità perseguite dall'agente, essendo sufficiente l'astratta pericolosità della condotta. Pertanto, la qualificazione giuridica del fatto deve tenere conto dell'intento specifico dell'agente di deturpare o imbrattare la cosa, anziché del mero getto di sostanze, al fine di valutare correttamente l'elemento soggettivo del reato e l'effettiva lesione del bene giuridico protetto. Inoltre, il danno risarcibile nel reato di cui all'art. 639 c.p. non si limita al mero costo di ripristino della cosa, ma può comprendere anche le sofferenze morali e i disagi patiti dalla vittima, desumibili dalle circostanze del caso concreto sulla base di nozioni di comune esperienza, senza necessità di una prova analitica.