La concessione di servizi pubblici, quale la gestione di un impianto sportivo, impone al concessionario l'obbligo di indire una gara pubblica per l'affidamento di lavori di ristrutturazione e rifunzionalizzazione dell'impianto, anche se finanziati con risorse proprie, in quanto tali lavori sono strettamente strumentali all'attività di gestione del servizio pubblico e le opere realizzate rimangono di proprietà pubblica. L'affidamento diretto di tali lavori, senza gara, anche attraverso una artificiosa frammentazione degli affidamenti in più contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, costituisce grave violazione della normativa in materia di contratti pubblici e legittima la revoca della concessione. Inoltre, il mutamento della compagine sociale del concessionario da "sportiva" a "imprenditoriale", con cessione della maggioranza delle quote a una società di costruzioni, integra una causa di decadenza della concessione qualora tale mutamento risulti incompatibile con le finalità pubbliche sottese all'affidamento in concessione. Infine, l'intervento nel giudizio di annullamento della concessione da parte delle associazioni precedentemente concessionarie è ammissibile in quanto tali soggetti vantano un interesse di fatto, seppur indiretto e riflesso, al mantenimento dell'atto impugnato, in vista della possibilità di ottenere nuovamente la concessione dell'impianto.