Cassazione penale Sez. Unite sentenza n. 748 del 25 gennaio 1994
ECLI:IT:CASS:1994:748PEN
Massima
Massima ufficiale
Nell'omicidio tentato l'elemento psicologico richiesto dall'art. 56 comma primo, c.p. consiste nella coscienza e volontà di compiere atti univocamente diretti a cagionare la morte di una persona. Tale elemento risulta integrato non soltanto quando l'agente ha agito con l'intenzione di uccidere (dolo internazionale), ma anche quando egli si è rappresentato l'evento morte come conseguenza altamente probabile della condotta, che ciononostante ha posto in essere (dolo diretto). Agli effetti del tentativo di omicidio, deve essere qualificato dolo diretto non intenzionale, e non dolo eventuale, l'atteggiamento psichico dell'agente che, per sottrarsi alla cattura dopo una rapina, risponde al colpo di avvertimento, esploso da una guardia giurata, sparando ad altezza d'uomo cinque colpi con una pistola 44 Magnum, attingendola ad una coscia, dalla distanza di pochi metri. In tema di elemento soggettivo del reato, possono individuarsi vari livelli crescenti di intensità della volontà dolosa. Nel caso di azione posta in essere con accettazione del rischio dell'evento, si richiede all'autore una adesione di volontà, maggiore o minore, a seconda che egli consideri maggiore o minore la probabilità di verificazione dell'evento. Nel caso di evento ritenuto altamente probabile o certo, l'autore, invece, non si limita ad accettarne il rischio, ma accetta l'evento stesso, cioè lo vuole e con una intensità maggiore di quelle precedenti. Se l'evento, oltre che accettato, è perseguito, la volontà si colloca in un ulteriore livello di gravità, e può distinguersi fra un evento voluto come mezzo necessario per raggiungere uno scopo finale ed un evento perseguito come scopo finale. Il dolo va, poi, qualificato come «eventuale» solo nel caso di accettazione del rischio, mentre negli altri casi suindicati va qualificato come «diretto» e, nell'ipotesi in cui l'evento è perseguito come scopo finale, come «intenzionale». (Con riferimento al caso di specie, relativo ad un tentato omicidio, la Cassazione ha ritenuto che dovesse qualificarsi come dolo diretto non intenzionale — e non come dolo eventuale — l'atteggiamento psichico dell'agente che, per sottrarsi alla cattura dopo una rapina, aveva risposto al colpo di avvertimento, esploso da una guardia giurata, sparando, ad altezza d'uomo ed a breve distanza, numerosi colpi con una pistola ed attingendola ad una coscia).
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