Il prestito di garanzie personali o reali da parte del socio accomandante di una società in accomandita semplice, nonché il prelievo di fondi dalle casse sociali per esigenze personali, anche se indebiti o illeciti, non integrano l'ingerenza del socio accomandante nell'amministrazione della società ai sensi dell'art. 2320 c.c. e, pertanto, non comportano l'estensione del fallimento della società nei suoi confronti ai sensi dell'art. 147 l.fall. Ciò in quanto tali atti attengono al momento esecutivo delle obbligazioni del socio e non costituiscono atti di gestione della società. Inoltre, l'estensione del fallimento sociale al socio accomandante, ai sensi dell'art. 147 l.fall., opera soltanto nei confronti dei soci illimitatamente responsabili per la qualità istituzionale ricoperta nei modelli legali tipicamente e tassativamente considerati (s.n.c., s.a.s. e s.a.p.a.), e non già nei riguardi di coloro che si trovino ad assumere tale responsabilità in conseguenza di eventi patologici o contingenti, come nel caso dell'accomandante che si sia ingerito nella gestione societaria.