Il giudice di legittimità, nel valutare la posizione di un soggetto non imputabile per difetto di capacità di intendere e di volere, è tenuto ad accertare l'appartenenza psichica del fatto all'agente, anche in assenza di un giudizio di colpevolezza in senso tecnico. Ciò in quanto il codice penale non considera incompatibile la nozione di reato con la non imputabilità dell'agente, come dimostrano le previsioni degli artt. 86, 111 co. 1 e 648 u.c. c.p. Pertanto, pur essendo evidente che le nozioni di dolo e colpa assumono un significato diverso da quello enucleato in relazione ai soggetti imputabili, divengono configurabili, anche nei confronti dei soggetti incapaci di intendere e volere, il dolo o la colpa, come ad esempio previsto dagli artt. 219 co. 1 e 222 co. 1 c.p. Tuttavia, a fronte di una comprovata risposta positiva alle cure e di una notevole riduzione della pericolosità dell'imputato, il giudice è tenuto a motivare adeguatamente l'applicazione di una misura di sicurezza, non potendo limitarsi ad affermazioni assertive.