Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 17795 del 6 maggio 2011

ECLI:IT:CASS:2011:17795PEN

Massima

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Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La dichiarazione generica e dubitativa, resa dall'imputato nel corso di un'udienza giudiziaria, che riporti "dicerie" sull'atteggiamento persecutorio di un pubblico funzionario, senza intendere incolparlo falsamente, configura il reato di diffamazione, non di calunnia. Tuttavia, il reato di diffamazione è perseguibile a querela di parte e, in assenza di querela, l'azione penale non può essere iniziata, determinando l'annullamento della sentenza senza rinvio. La causa di non punibilità di cui all'art. 598 c.p. (diffamazione commessa nel contesto di un'attività difensiva) può essere riconosciuta anche in presenza di una causa estintiva del reato, come la prescrizione, in quanto rientra tra le ipotesi di "fatto non costituente reato" previste dall'art. 129 c.p.p.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MILO Nicola - Presidente

Dott. IPPOLITO Francesco - Consigliere

Dott. ROTUNDO Vincenzo - Consigliere

Dott. PAOLONI Giacomo - Consigliere

Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Catania;

2) Va. Gi. , nato a (OMESSO);

3) Co. De. Fe. Ma. (parte civile);

avverso la sentenza del 12 febbraio 2010 emessa dalla Corte d'appello di Catania;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

sentita la relazione del Consigliere Dott. Giorgio Fidelbo;

sentito il sostituto Procuratore Generale, Dott. Aurelio Galasso, che ha con…

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