Il reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) si configura quando la condotta del soggetto agente, pur se realizzata attraverso diverse forme di molestie, è idonea a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero un'alterazione significativa delle sue abitudini di vita. Tali elementi, che distinguono il reato di atti persecutori da quello di molestie (art. 660 c.p.), devono essere accertati dal giudice sulla base di una valutazione complessiva della vicenda, tenendo conto della gravità e della reiterazione delle condotte, nonché del concreto impatto sulla vittima. Ai fini dell'applicazione di una misura cautelare personale, è sufficiente che gli elementi probatori acquisiti, anche attraverso le dichiarazioni della persona offesa ritenute attendibili, esprimano una elevata probabilità di responsabilità dell'indagato, senza necessità di riscontri oggettivi esterni. Il giudice deve inoltre valutare la sussistenza di esigenze cautelari, con particolare riguardo alla personalità dell'indagato e alla sua pericolosità sociale, desumibili anche da precedenti penali, instabilità emotiva, rifiuto di interventi educativi e condotte aggressive nei confronti dei familiari.