Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così sintetizzato: La responsabilità civile dello Stato per l'attività giurisdizionale dei magistrati, ai sensi della Legge n. 117 del 1988, richiede la sussistenza di una condotta connotata da inescusabile negligenza, che si concretizzi nell'utilizzo di elementi probatori del tutto avulsi dal contesto processuale o in un travisamento macroscopico del materiale istruttorio, non già in un mero errore di valutazione delle risultanze probatorie. Pertanto, l'attività interpretativa e di apprezzamento delle prove compiuta dal giudice, anche se opinabile, non integra gli estremi della responsabilità di cui alla citata legge, salvo che non si traduca in un palese e ingiustificato stravolgimento dei dati processuali. Il sindacato della Corte di Cassazione sulla motivazione della sentenza impugnata è limitato al controllo della logicità e della conformità a diritto delle valutazioni operate dal giudice di merito, senza poter riesaminare nel merito le risultanze probatorie e le scelte discrezionali compiute dal giudice di appello nell'individuazione delle fonti di prova ritenute più idonee a sorreggere il proprio convincimento.