Il diritto di critica giudiziaria deve essere riconosciuto nel modo più ampio possibile, in quanto rappresenta lo strumento essenziale per il controllo democratico dell'esercizio di una rilevante attività istituzionale, quale l'attività giurisdizionale. Pertanto, le espressioni utilizzate per criticare un provvedimento giudiziario, pur potendo risultare aspre e opinabili, non integrano il reato di diffamazione se si mantengono entro i limiti della continenza espositiva e non si traducono in un ingiustificato attacco alla persona del magistrato. La critica giudiziaria, infatti, gode di una tutela rafforzata in quanto espressione della libertà di manifestazione del pensiero, la quale non si limita ai giudizi favorevoli ma si estende anche a quelli che "urtano, scuotono o inquietano", purché formulati in modo non esorbitante. Inoltre, la completezza dell'informazione giornalistica relativa a vicende giudiziarie di rilevante interesse pubblico non richiede necessariamente la menzione di eventuali sviluppi futuri e meramente ipotetici della vicenda, essendo sufficiente il riporto del suo nucleo essenziale. Pertanto, l'omissione di tali elementi non integra il difetto di continenza o di verità del fatto riportato, quando la critica si mantenga entro i limiti del legittimo esercizio del diritto. Infine, la responsabilità del direttore del periodico ai sensi dell'art. 57 c.p. per omesso controllo presuppone la configurabilità del reato di diffamazione a carico del giornalista autore dell'articolo, sicché, in caso di esclusione della rilevanza penale della condotta di quest'ultimo, deve altresì escludersi la responsabilità del direttore.