Il pubblico ufficiale che, avendo la disponibilità di denaro della pubblica amministrazione per la riscossione di pagamenti, si appropria di tale denaro rilasciando ricevute irregolari, omettendo di registrare le relative riscossioni e compiendo altri atti fraudolenti, integra il reato di peculato. Tale condotta è punibile anche quando non vi sia stata una verifica di cassa successiva, in quanto l'appropriazione si realizza già nel momento in cui il pubblico ufficiale comincia a comportarsi come dominus del denaro, separandolo nella propria contabilità. Inoltre, il costante e considerevole flusso di versamenti in contanti da parte dell'imputato, incompatibile con i suoi modesti introiti lavorativi, costituisce un elemento indiziario a sostegno della sua responsabilità. Infine, il giudice di merito ha il potere discrezionale di escludere l'applicazione delle circostanze attenuanti speciali previste dagli artt. 323-bis c.p. e 62, n. 4, c.p. quando ritenga che il fatto non possa essere considerato di particolare tenuità in relazione all'entità del danno patrimoniale e all'immagine dell'amministrazione pubblica.