La misura cautelare della custodia in carcere, in quanto extrema ratio, può essere disposta dal giudice solo quando risulti inadeguata ogni altra misura meno afflittiva, in ragione della concreta pericolosità sociale del soggetto, desumibile da elementi oggettivi e specifici, quali precedenti penali, condotte reiterate e insofferenza ai regimi cautelari, che rendano evidente l'incapacità di autocontrollo e l'impossibilità di assicurare le esigenze cautelari attraverso misure meno afflittive, come gli arresti domiciliari. Il giudice è tenuto a motivare in modo puntuale e logico l'adeguatezza della misura più grave, valorizzando tutti gli elementi di fatto rilevanti e confutando in modo analitico le ragioni addotte dalla difesa a sostegno di una misura meno afflittiva. La valutazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, pur rilevante ai fini della scelta della misura, deve essere adeguatamente argomentata, senza meri rinvii a dati non specificamente illustrati, in modo da consentire il controllo di legittimità da parte del giudice di legittimità.