Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così sintetizzato: Il giudice di legittimità può ritenere inammissibile il ricorso per cassazione avverso una sentenza di condanna quando la censura relativa alla motivazione del provvedimento impugnato non rispetta i canoni di specificità previsti dall'art. 581, comma 1, lett. c) e art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p. In particolare, il ricorrente deve indicare in modo puntuale e circostanziato la natura del vizio denunciato (carenza, manifesta illogicità, contraddittorietà) e il preciso punto della decisione in cui tale vizio è riscontrabile. L'omissione di tale specifica descrizione del vizio, unitamente alla sua rilevanza assoluta in relazione alla tenuta dell'apparato argomentativo della sentenza, determina la genericità del ricorso o la sua eccentricità rispetto al disposto dell'art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p., che impone che il vizio sia desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da uno specifico atto del processo, allegato all'atto di impugnazione. Inoltre, nel caso di "prove dichiarative", il ricorrente ha l'onere di indicare lo specifico punto dell'atto probatorio dal quale si riscontra la contraddittorietà intrinseca con quanto riportato in sentenza. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rilettura critica del contenuto degli atti processuali al fine di individuare il vizio denunciato, in quanto ciò snaturerebbe il giudizio di legittimità, introducendo aspetti di valutazione del merito della prova che esulano dalla sua competenza.