Il giudice, nell'esercizio del proprio potere di correzione degli errori materiali contenuti nelle sentenze, è tenuto a rettificare il dispositivo della pronuncia laddove risulti in contrasto con la motivazione, al fine di assicurare la coerenza interna del provvedimento e la corrispondenza tra il decisum e le ragioni poste a suo fondamento. Tale potere di correzione, che non incide sul contenuto sostanziale della decisione, trova il proprio fondamento nell'esigenza di garantire l'integrità e la completezza del provvedimento giurisdizionale, assicurando che il testo della sentenza rispecchi fedelmente la volontà del giudicante espressa nell'iter logico-argomentativo. La rettifica del dispositivo, pertanto, costituisce un mero adeguamento formale della pronuncia, volto a eliminare un errore materiale e a ripristinare la corrispondenza tra la parte motiva e il decisum, senza alcuna modifica del giudizio di merito. Il giudice, in tal caso, non è tenuto a rinnovare il procedimento o a riesaminare il merito della controversia, essendo sufficiente la mera correzione dell'errore materiale per assicurare la coerenza interna della sentenza e la piena corrispondenza tra la motivazione e il dispositivo.