Il giudice può disporre la confisca di beni sottoposti a sequestro nell'ambito di un procedimento penale solo quando ricorrono le condizioni previste dall'art. 240 c.p., comma 1, ovvero quando si tratta di cose che servirono o furono destinate a commettere il reato o che ne sono il prodotto o il profitto. In tali ipotesi, il giudice ha l'obbligo di motivare adeguatamente le ragioni per cui ritiene di dover procedere alla confisca, non essendo sufficiente una mera enunciazione del provvedimento ablativo. Ciò vale anche per la confisca facoltativa, come nel caso di reati in materia di stupefacenti ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, non potendo la sinteticità della motivazione tipica del rito applicato estendersi all'applicazione della misura di sicurezza patrimoniale. Pertanto, la mancanza di motivazione sulla confisca di un bene specificamente impugnato, come un telefono cellulare, determina l'annullamento della sentenza con rinvio al giudice del merito affinché proceda a nuovo esame, verificando la sussistenza del nesso pertinenziale tra il bene e l'illecito, al fine di giustificare adeguatamente l'ablazione.