Cassazione penale Sez. II sentenza n. 23066 del 16 giugno 2010

ECLI:IT:CASS:2010:23066PEN

Massima

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Il reato di truffa si configura quando l'agente, mediante artifici o raggiri, determina nell'altrui soggetto passivo un errore che lo induce a compiere un atto di disposizione patrimoniale a proprio vantaggio, realizzando così un ingiusto profitto. L'elemento soggettivo del reato, costituito dal dolo specifico di profitto, deve essere accertato in base a elementi oggettivi di prova, desumibili dalla condotta complessiva dell'imputato, senza che sia necessaria la prova di un intento fraudolento antecedente o contestuale alla condotta ingannatoria. Pertanto, il dolo può essere desunto anche da comportamenti successivi alla condotta ingannatoria, purché idonei a dimostrare la volontà dell'agente di trarre in inganno la vittima per conseguire un ingiusto profitto. La valutazione delle prove e la ricostruzione della dinamica del fatto rientrano nella competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità, salvo che non risulti affetto da vizi logici o contraddittorietà evidenti.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARMENINI Libero S. - Presidente

Dott. GENTILE Domenico - Consigliere

Dott. DE CRESCIENZO Ugo - Consigliere

Dott. MANNA Antonio - Consigliere

Dott. RAGO Geppino - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) TO. DI. LI. CA. N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 3326/2006 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 13/06/2008;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/03/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO GENTILE;

Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Dott. Oscar Cedrangolo che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udita l'arringa degli A…

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