Cassazione penale Sez. V sentenza n. 70 del 8 gennaio 2004

ECLI:IT:CASS:2004:70PEN

Massima

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La motivazione dei decreti resi in tema di misure di prevenzione è censurabile in sede di ricorso per Cassazione solo qualora sia mancante ovvero priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, tali da renderla apparente, non essendo sufficiente la mera prospettazione di una lettura alternativa delle risultanze probatorie, atteso che l'art. 4, comma 10 L. n. 1423 del 1956, richiamato dall'art. 3 ter L. n. 565 del 1975, limita le censure deducibili al solo vizio di violazione di legge. Inoltre, il vizio di mancata assunzione di prova decisiva, di cui all'art. 606 c.p.p., lett. d), è configurabile solo quando la prova denegata, confrontata con le ragioni poste a sostegno della decisione, sia tale da poter determinare una diversa conclusione del processo, ma non quando sia insuscettibile di incidere effettivamente sulla decisione del giudice, come nel caso di specie in cui il giudice ha argomentato in modo diffuso e perspicuo sulla base di una copiosa messe di elementi probatori vagliati.

Sentenza completa

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

SENTENZA

(OMISSIS)

Svolgimento e motivi della decisione

I ricorrenti in epigrafe generalizzati ricorrono avverso il decreto 17 maggio 2003 della Corte d'Appello di Palermo col quale, in parziale riforma dell'omologo provvedimento del tribunale, era confermata la misura di prevenzione personale disposta nei confronti di G.A. e revocata la confisca di taluni beni. Lamentano il travisamento di fatto e la mancata, assunzione di prova, decisiva.

Le doglianze non hanno pregio.

La prima dissimula e veicola la censura alle opzioni probatorie correttamente compiute dal giudice di merito sulla scorta delle risultanze di prova e si traduce nella prospettazione di una lettura alternativa delle stesse.

Né va taciuto che l' art. 4, comma 10 L. n. 1423 del 1956, richiamato dall'art. 3 ter L. n. 565 del 1975, …

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