La revoca di un provvedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico è legittima quando ricorrono sopravvenuti e preminenti motivi di pubblico interesse, quali la necessità di razionalizzare la rete ospedaliera regionale e di ridurre la spesa sanitaria di almeno il 5%, che rendono il contratto originariamente stipulato non più attuale e funzionale alle esigenze dell'amministrazione. In tali ipotesi, l'amministrazione agisce in modo oculato e da buon contraente, informando tempestivamente l'aggiudicatario dell'avvio del procedimento di revoca, senza incorrere in responsabilità precontrattuale per violazione dei doveri di correttezza e buona fede, atteso che la decisione di revocare non è ascrivibile a un fatto della stessa amministrazione ma a sopravvenuti fattori esterni, quali atti di pianificazione e programmazione regionale. Inoltre, il lasso di tempo intercorso tra l'aggiudicazione e la comunicazione di avvio della revoca non è tale da aver potuto radicare un penetrante affidamento nell'aggiudicatario, considerati anche gli eventi medio tempore intervenuti, come il contenzioso instaurato dalla seconda classificata. Infine, la domanda di indennizzo ai sensi dell'art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990 è infondata per genericità e mancanza di prova del danno emergente.