Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 21417 del 7 giugno 2010

ECLI:IT:CASS:2010:21417PEN

Massima

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Il pubblico ufficiale che, abusando dei poteri inerenti alla sua funzione, si appropria di beni di proprietà della pubblica amministrazione per uso personale, commette il reato di peculato. Ai fini della configurabilità di tale reato, non rileva la modesta entità del danno patrimoniale arrecato, essendo sufficiente l'appropriazione indebita di beni pubblici, indipendentemente dal valore degli stessi. Tuttavia, la particolare tenuità del fatto, valutata complessivamente in relazione alla condotta, all'atteggiamento soggettivo dell'agente e all'entità del danno, può comportare la concessione dell'attenuante di cui all'art. 323-bis c.p., con conseguente riduzione della pena. Tale attenuante, a differenza di quella di cui all'art. 62, n. 4 c.p., non si basa esclusivamente sulla modesta entità del danno, ma richiede una valutazione complessiva della fattispecie concreta. Il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nella valutazione delle prove e nella ricostruzione dei fatti, sindacabile in sede di legittimità solo in caso di motivazione manifestamente illogica o carente.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGINIO Adolfo - Presidente

Dott. CORTESE Arturo - Consigliere

Dott. LANZA Luigi - Consigliere

Dott. ROTUNDO Vincenzo - Consigliere

Dott. FAZIO ((omissis)) - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Bu. Gi. , nato a (OMESSO);

avverso la sentenza in data 24-5-07 della Corte di Appello di Firenze, sezione 2 penale;

Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;

Udita la relazione fatta dal Consigliere, dott. ROTUNDO Vincenzo;

Udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. D'ANGELO Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Uditi gli avv.ti M…

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