Cassazione penale Sez. II sentenza n. 5865 del 9 febbraio 2024

ECLI:IT:CASS:2024:5865PEN

Massima

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Il delitto di estorsione mediante minaccia si differenzia dal reato di truffa "vessatoria" in base al diverso atteggiarsi del pericolo prospettato all'offeso: nel primo caso, il pericolo è reale e attribuibile, direttamente o indirettamente, all'agente, costringendo la vittima a subire lo spossessamento voluto; nel secondo caso, il danno viene prospettato come possibile ed eventuale, senza provenire dall'agente, inducendo la persona offesa in errore e determinandola all'azione o all'omissione. Pertanto, ai fini della sussistenza del delitto di estorsione, è irrilevante l'effettiva realizzabilità o meno del danno minacciato, essendo sufficiente che il pericolo prospettato sia tale da non indurre la vittima in errore, ma da costringerla all'alternativa ineluttabile di subire lo spossessamento voluto dall'agente o di incorrere nel danno minacciato. Ciò in quanto l'elemento distintivo tra i due reati risiede non già nella concreta possibilità di verificazione del danno, bensì nel diverso atteggiarsi del pericolo prospettato, che nel delitto di estorsione assume i connotati di una minaccia idonea a coartare la volontà della persona offesa, mentre nella truffa "vessatoria" il danno viene rappresentato come eventuale e non direttamente riconducibile all'agente. La giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che il criterio discretivo tra estorsione e truffa aggravata consiste nel diverso atteggiarsi del pericolo prospettato, sicché ricorre il delitto di estorsione quando viene prospettata l'esistenza di un pericolo reale di un accadimento il cui verificarsi è attribuibile, direttamente o indirettamente, all'agente ed è tale da non indurre la persona offesa in errore, ma, piuttosto, nell'alternativa ineluttabile di subire lo spossessamento voluto dall'agente o di incorrere nel danno minacciato. Al contrario, si ha truffa aggravata ai sensi dell'art. 640, comma secondo, n.2, cod. pen. quando il danno viene prospettato come possibile ed eventuale e mai proveniente direttamente o indirettamente dall'agente, di modo che la persona offesa non è coartata nella sua volontà, ma si determina all'azione od omissione versando in stato di errore. Pertanto, ai fini della sussistenza del delitto di estorsione, è irrilevante l'effettiva realizzabilità o meno del danno minacciato, essendo sufficiente che il pericolo prospettato sia tale da non indurre la vittima in errore, ma da costringerla all'alternativa ineluttabile di subire lo spossessamento voluto dall'agente o di incorrere nel danno minacciato.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta da:

Dott. RAGO Geppino - Presidente

Dott. IMPERIALI Luciano - Consigliere

Dott. AIELLI Lucia - Consigliere

Dott. PERROTTI Massimo - Consigliere

Dott. FLORIT Francesco - Consigliere Relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Tu.Fr. nato a C il Omissis
avverso la sentenza del 22/03/2023 della CORTE di APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO FLORIT;
lette le conclusioni del Procuratore Generale PIETRO MOLINO che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso
ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell'art.23.8 d.lgs. 137/20
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'impugnata sentenza la Corte di appello di Bari ha confermato la condanna alla pena di giustizia di Tu.Fr. per il rea…

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