Il Comune può limitare, mediante apposita regolamentazione, l'attività di consumo immediato di prodotti presso esercizi di vicinato, anche se liberalizzata ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. f-bis), del D.L. n. 233/2006, qualora sussistano problemi di sostenibilità ambientale dei luoghi, nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza. Tuttavia, tale regolamentazione comunale ha efficacia temporale limitata a quattro anni, ai sensi dell'art. 4-bis, comma 1, della L.R. n. 6/2010, senza possibilità di proroga automatica, e deve essere periodicamente riesaminata e aggiornata dal Comune per adeguarla all'evoluzione del contesto territoriale e normativo. Pertanto, il provvedimento sanzionatorio adottato dal Comune in applicazione di una regolamentazione comunale scaduta e inefficace è illegittimo, in quanto viola il diritto dell'esercente all'esercizio dell'attività economica e della concorrenza, costituzionalmente e comunitariamente tutelati. Il giudice amministrativo, in tali casi, può disapplicare le disposizioni regolamentari comunali che eccedono i limiti temporali previsti dalla legge regionale, al fine di ripristinare la piena efficacia delle segnalazioni certificate di inizio attività presentate dall'esercente.