Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così formulato: La partecipazione ad un'associazione di tipo mafioso, ai sensi dell'art. 416-bis c.p., richiede la prova dello stabile inserimento dell'imputato nelle attività del sodalizio criminale, non desumibile dalla mera esistenza di rapporti di amicizia con il capo dell'organizzazione o dalla commissione di episodi di riciclaggio in suo favore, se circoscritti a un ristretto arco temporale e privi di elementi indicativi di un coinvolgimento strutturale e continuativo nelle dinamiche associative. Ai fini della valutazione della pericolosità sociale dell'imputato e della conseguente applicazione di misure cautelari, la risalenza temporale dei fatti contestati e l'assenza di precedenti penali possono costituire elementi idonei a escludere il pericolo di reiterazione del reato, nonostante la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 7 della L. 203/1991.