Il pubblico ufficiale che, nell'ambito di un procedimento amministrativo finalizzato al rilascio di un titolo abilitativo, forma atti pubblici falsi attestanti il regolare svolgimento dell'iter concorsuale, in realtà omettendo lo svolgimento di una prova obbligatoria, concorre nel reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale anche il soggetto privato che, pur non avendo partecipato direttamente alla formazione del falso, abbia consapevolmente tratto vantaggio dal rilascio del titolo ottenuto in modo irregolare, presentando la relativa domanda e accettando il risultato di una procedura anomala, di cui era o doveva essere a conoscenza, in assenza di una plausibile giustificazione per la condotta del pubblico ufficiale. Il concorso nel reato di falso non richiede necessariamente la prova di un previo accordo tra i concorrenti, essendo sufficiente che ciascuno abbia agito con la consapevolezza del ruolo svolto dagli altri e con la volontà di contribuire, anche solo agevolandola, alla realizzazione dell'altrui proposito criminoso. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche può essere fondato sulla particolare gravità della condotta, che si riverbera sull'intensità del dolo, in presenza di un interesse diretto e principale del concorrente privato alla commissione del reato.