Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 20755 del 21 maggio 2014

ECLI:IT:CASS:2014:20755PEN

Massima

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Il reato di resistenza a pubblico ufficiale si configura quando la condotta dell'agente, pur non essendo diretta a impedire materialmente l'atto che il pubblico ufficiale sta compiendo, sia idonea a ostacolarne o ritardarne l'esecuzione, attraverso minacce o violenze. Tuttavia, perché sussista il reato, è necessario che l'elemento soggettivo del dolo sia integrato, ovvero che l'agente abbia agito con la consapevolezza e volontà di opporsi all'azione del pubblico ufficiale. La mera espressione di parole offensive o minacciose, se non accompagnata dalla volontà di impedire o ostacolare l'attività del pubblico ufficiale, non integra il reato di resistenza, ma può eventualmente configurare il diverso reato di minaccia aggravata. Inoltre, il reato di resistenza a pubblico ufficiale è soggetto a prescrizione, il cui termine massimo è di sette anni e sei mesi, decorso il quale il reato si estingue e non può più essere perseguito.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AGRO' ((omissis)) - Presidente

Dott. LANZA Luigi - Consigliere

Dott. CONTI Giovanni - Consigliere

Dott. FIDELBO Giorgio - rel. Consigliere

Dott. VILLONI Orlando - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 3 ottobre 2012 emessa dalla Corte d'appello di L'Aquila;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere Dott. ((omissis));

udito il sostituto procuratore generale CESQUI Elisabetta, che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d'appello di L'Aqu…

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