Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 37142 del 30 settembre 2008

ECLI:IT:CASS:2008:37142PEN

Massima

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Il giudice della prevenzione può liberamente considerare e valutare, ai fini della valutazione della pericolosità sociale del proposto, gli stessi elementi di fatto presi in considerazione nel processo penale per la cognizione del reato, compresi quelli costituiti dai precedenti penali o dalle pendenze giudiziarie del proposto, sempre che egli sottoponga i relativi fatti, anche quelli che abbiano dato luogo a pronuncia assolutoria, a nuova ed autonoma valutazione, dando atto, in motivazione, delle ragioni per cui costituiscono comunque indizi di appartenenza a un'associazione mafiosa o camorristica o ad associazione criminale con caratteristiche analoghe. L'autonomia rispettiva del processo penale e del procedimento di prevenzione, connessa con la diversità dell'oggetto della cognizione, si manifesta con l'assoluta libertà di valutazione dei fatti rilevanti ai fini della procedura e del provvedimento finale tipico e, di conseguenza, con l'irrilevanza reciproca delle vicende e dell'esito dell'uno e dell'altro procedimento, sicché il giudice della prevenzione può legittimamente valersi di elementi di prova o indiziari tratti da procedimenti penali, benché non ancora conclusi, e, nel caso di processi definiti con sentenza irrevocabile, anche indipendentemente dalla natura delle statuizioni terminali in ordine all'accertamento della responsabilità penale dell'imputato, sempre che gli indizi abbiano i caratteri della gravità, precisione e concordanza richiesti dall'articolo 192 c.p.p., e rappresentino comunque elementi certi, dai quali legittimamente desumere l'appartenenza del proposto a un'associazione di tipo mafioso e, quindi, la sua pericolosità. Pertanto, la ricezione nel procedimento di prevenzione, previa autonoma e pertinente considerazione, dei risultati delle valutazioni espresse sugli stessi fatti nel processo penale non configura un errore di diritto, avendo tale ricezione le caratteristiche della motivazione per relazione. Il sindacato di legittimità sul decreto applicativo della misura di prevenzione è limitato alla sola violazione di legge, essendo esclusa la deducibilità del vizio di illogicità manifesta della motivazione, in quanto le forme di esercizio del diritto di difesa possono essere diversamente modulate in relazione alle caratteristiche di ciascun procedimento, allorché di tale diritto siano comunque assicurati lo scopo e la funzione.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Magistrati:

Dott. DE ROBERTO Giovann - Presidente

Dott. OLIVA Bruno - Consigliere

Dott. MANNINO Saverio - Consigliere

Dott. MILO Nicola - Consigliere

Dott. COLLA Giorgio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CO. Gi., nato il (OMESSO);

avverso il decreto della Corte d'appello di Caltanissetta 17 maggio 2007.

Sentita la relazione svolta dal Cons. Dott. MANNINO S. F.;

Letta la requisitoria del PROCURATORE GENERALE, in persona del Dott. IZZO Gioacchino, il quale ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

Osserva:

IN FATTO E DIRITTO

Con Decreto 23 aprile 2004, il Tribunale di Caltanissetta applicava a Co.Gi. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale …

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