Il diritto soggettivo all'acquisto di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, riconosciuto dal d.P.R. n. 1471/1963, non può essere fatto valere attraverso il rimedio del silenzio-rifiuto, in quanto tale istituto è esperibile solo per superare l'inerzia della pubblica amministrazione nell'emanazione di un provvedimento amministrativo, a fronte di una posizione di mero interesse legittimo in capo al privato. Infatti, le controversie in tema di riscatto dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica, attenendo alla fase privatistica di gestione del rapporto locatizio e non a quella pubblicistica di assegnazione dell'immobile, involgono situazioni di diritto soggettivo in relazione alle quali non sono configurabili atti di esercizio del potere provvedimentale. Pertanto, la formazione del silenzio-rifiuto e il relativo procedimento giurisdizionale contemplato dall'art. 117 c.p.a. non sono compatibili con le pretese che concernono diritti soggettivi, la cui eventuale lesione è direttamente accertabile dalla competente autorità giurisdizionale nei termini di prescrizione.