L'amministrazione pubblica è tenuta a concludere il procedimento amministrativo avviato dal privato con un provvedimento espresso, anche in caso di istanza manifestamente infondata o irricevibile, al fine di non lasciare il privato in uno stato di incertezza sulla definizione della sua pretesa. Il mancato esercizio del potere decisorio da parte dell'amministrazione, oltre il termine ragionevole, costituisce un silenzio inadempimento sanzionabile, in quanto viola il dovere di provvedere sancito dall'art. 2 della legge n. 241/1990. Il giudice adito con il ricorso avverso il silenzio è tenuto ad accertarne l'illegittimità, rimettendo all'amministrazione la valutazione del merito della pretesa, salvo i casi eccezionali di attività vincolata non bisognosa di ulteriori adempimenti istruttori. Pertanto, anche per le istanze di condono edilizio presentate ai sensi della legge n. 47/1985, il decorso del termine per provvedere, ormai immemorabile, legittima l'azione del privato volta ad ottenere la definizione del procedimento, fermo restando che la valutazione della fondatezza della pretesa sostanziale spetta all'amministrazione. In caso di ulteriore inadempienza, il giudice può disporre la nomina di un commissario ad acta.