Il luogo di commissione del reato di contraffazione di un documento, e la conseguente applicabilità dell'art. 10 c.p. sulla procedibilità del reato commesso all'estero, costituisce un elemento essenziale per la corretta qualificazione giuridica del fatto e la determinazione della pena edittale applicabile. L'onere di provare la commissione del reato in Italia grava sul pubblico ministero, non potendosi porre a carico dell'imputato l'onere di dimostrare che la falsificazione sia avvenuta all'estero. Pertanto, qualora l'imputato abbia dedotto elementi idonei a sostenere che il documento sia stato contraffatto all'estero, il giudice di merito è tenuto a motivare in modo adeguato le ragioni per le quali ritiene che il reato sia stato commesso in Italia, senza poter fondare la propria decisione su una mera affermazione apodittica circa l'assenza di elementi a sostegno della tesi difensiva. Solo in presenza di una motivazione esaustiva e logicamente coerente, che escluda in modo certo la commissione del reato all'estero, è possibile affermare la sussistenza del più grave delitto di contraffazione, anziché del meno grave reato di uso di atto falso.